AssicurazioniDiritto civileLa Corte di Cassazione ribadisce la rilevanza della condotta del danneggiato in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia.

Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., 20/09/2022, n. 27445.

In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

(…) La sentenza impugnata, infatti, con un accertamento di merito congruamente motivato e non suscettibile di riesame nella presente sede di legittimità, ha affermato che dall’espletata istruttoria era emerso, anche sulla base delle fotografie, che la scala, composta di tre soli gradini, era bagnata a causa della pioggia; che i gradini avevano dimensioni regolari; che non era presente il corrimano e che le strisce antisdrucciolo erano presenti sull’ultimo gradino e parzialmente anche sullo scalino superiore. La scala (…) non era sporca né consumata e i gradini erano in buono stato. Dalla complessiva valutazione di questi elementi risultava che la scala non poteva ritenersi intrinsecamente pericolosa e che l’appellante avrebbe potuto scendere senza rischi osservando le dovute cautele; per cui la caduta era da ricondurre, in ultima analisi, alla condotta della danneggiata che non aveva visto dove metteva i piedi nello scendere la scala.

A fronte di tale ricostruzione, i motivi di ricorso risultano, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.

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